Loading...

Il prezzo massimo di cessione nell’edilizia residenziale pubblica.

  • 07/04/2021

L’edilizia economia popolare è l’insieme delle misure predisposte dalla Pubblica Amministrazione al fine di soddisfare il bisogno abitativo dei cittadini meno abbienti. Essa si divide in tre macro-aree, ben differenti tra loro, i cui termini, molto spesso, vengono usati promiscuamente:

  • edilizia agevolata: prevede il concorso tra il pubblico e il privato (inteso quale cooperativa edilizia, impresa di costruzione o loro consorzi, ovvero singoli privati) mediante la concessione di mutui agevolati, allo scopo di favorire l’edificazione di unità abitative residenziali destinate ai cittadini meno abbienti;
  • edilizia sovvenzionata: in questo caso gli enti territoriali si fanno direttamente carico dell’edificazione. Successivamente, gli alloggi vengono assegnati alle famiglie meno abbienti, praticando dei canoni di locazione agevolati in base alle condizioni economiche della famiglia e il numero dei componenti;
  • edilizia convenzionata: come nell’edilizia agevolata, è un privato ad occuparsi dell’edificazione delle unità abitative residenziali, ma in questo caso gli alloggi sono costruiti su aree assegnate al privato a seguito della stipula di una convenzione con il Comune. Le aree vengono individuate all’interno dei cc.dd. P.E.E.P. (Piani di Edilizia Economica Popolare), mentre con la stipula della convenzione l’area P.E.E.P. viene assegnata al privato, in piena proprietà o in diritto di superficie, a fronte dell’assunzione di obblighi inerenti l’urbanizzazione e l’edificazione di alloggi residenziali. All’interno della convenzione, inoltre, vengono pattuite condizioni, modalità, termini e sanzioni inerenti l’edificazione e la cessione e/o locazione degli alloggi.

Da quanto sopra, quindi, si evince che le varie forme di intervento dello Stato nell’edilizia economica popolare possono benissimo coesistere tra loro. Si prenda ad esempio la fattispecie più comune: una cooperativa edilizia può ottenere sia l’assegnazione di un’area P.E.E.P. sia la concessione di un mutuo agevolato per l’edificazione: in questo caso si parla di edilizia convenzionata-agevolata.

Le problematiche di maggior interesse notarile emergono, soprattutto, per l’edilizia convenzionata, in quanto tale ambito è stato (ed è tuttora) interessato da modifiche legislative e orientamenti giurisprudenziali, nonché da una serie di divieti e sanzioni inerenti alla circolazione degli alloggi residenziali.

Per quanto attiene, invece, l’edilizia agevolata, gli unici vincoli previsti dalla normativa attengono a divieti di alienazione, la cui violazione è sanzionata con la perdita dell’agevolazione e/o con la risoluzione del mutuo concesso.

Partendo dalla normativa applicabile all’edilizia convenzionata, il principale riferimento normativo è l’articolo 35 della Legge 865/1971[1], nel quale si possono distinguere:

  • convenzioni aventi ad oggetto l’assegnazione dell’area P.E.E.P. in diritto di superficie;
  • convenzioni aventi ad oggetto l’assegnazione dell’area P.E.E.P. in piena proprietà.

Tale distinzione è fondamentale, in quanto la sussistenza di divieti di alienazione o vincoli sul prezzo massimo di cessione varia a seconda della convenzione stipulata.

Infatti, le convenzioni aventi ad oggetto il diritto di superficie, devono prevedere, per espressa disposizione normativa (articolo 35, comma 8, lett. e), L. 865/71), i criteri per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita. In altre parole, mentre il divieto di alienazione può essere inserito pattiziamente dalle parti, il vincolo sul prezzo massimo di cessione deve essere inderogabilmente previsto.

Discorso diverso deve farsi per le convenzioni aventi ad oggetto l’assegnazione in piena proprietà dell’area P.E.E.P., poiché la normativa di riferimento ha subìto profonde modifiche nel corso degli anni.

L’articolo 35 della L. 865/1971, nella sua versione originaria, prevedeva ai commi 13-19, un divieto di alienazione della durata massima di venti anni e un vincolo sul prezzo massimo di cessione[2], entrambi sanzionati con la nullità.

Successivamente, la Legge n. 179 del 17 febbraio 1992 (c.d. Legge Ferrarini – Botta) ha abrogato i commi 15-19 dell’articolo 35, L. 865/71, facendo venire meno sia i vincoli di alienazione e di prezzo massimo di cessione, sia la conseguente sanzione della nullità. L’abrogazione, però, ha lasciato aperto il dubbio sulla permanenza dei suddetti vincoli per tutte le alienazioni di quegli alloggi realizzati in forza di convenzioni stipulate prima dell’abrogazione, ossia prima dell’entrata in vigore della Legge n. 179/1992. Se da un lato, c’era chi riteneva che le alienazioni di tali alloggi dovessero essere disciplinate dalla legge applicabile alla data di stipula della convenzione (e quindi continuare ad essere sottoposte a vincoli di alienazione e di prezzo massimo di cessione), dall’altro, la dottrina maggioritaria avallata anche da una parte della giurisprudenza, affermava che tutte le alienazioni (comprese quelle relative ad alloggi edificati in forza di convenzioni stipulate prima dell’abrogazione) dovessero essere disciplinate dalla nuova normativa così come modificata (e quindi senza vincoli di prezzo massimo di cessione). Tale ultimo orientamento faceva leva sull’interpretazione letterale dell’articolo 20 della citata Legge 179/1992[3], il quale nell’introdurre quale unico divieto quello di alienazione per una durata massima di cinque anni dall’assegnazione, prevedeva espressamente l’applicazione della nuova normativa a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza fare distinzioni su convenzioni stipulate prima o dopo l’entrata in vigore della legge abrogativa.

Ulteriore modifica legislativa è intervenuta nel 1996 con la Legge n. 662, che ha modificato l’articolo 35, comma 13, L. 865/1971, prevendendo per le convenzioni in piena proprietà l’adozione della c.d. Convenzione Bucalossi ex articolo 8, Legge 10/1977[4][5].

Le novità di maggior rilievo di tale novella hanno interessato la durata della convenzione (da 20 a 30 anni) e la previsione di un prezzo massimo di cessione con efficacia pari alla durata della convenzione.

Volendo, dunque, sintetizzare la normativa vigente alla data del 1 gennaio 1997, la situazione può essere schematizzata nel seguente modo: 

TIPOLOGIA CONVENZIONE

PREZZO MASSIMO DI CESSIONE

DIVIETO DI ALIENAZIONE

OSSERVAZIONI

Convenzione in superficie o in piena proprietà ante Legge 865/71

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

Ai sensi dell’art. 36, L. 865/71, le disposizioni dell’art. 35 della medesima legge non si applicano per le aree P.E.E.P. assegnate alle cooperative edilizie ovvero imprese di costruzione in data antecedente l’entrata in vigore della Legge 865/71 (31 /10/1971).

Convenzione in superficie ex art. 35, comma 8, L. 865/71

Si

Si

Durata massima della convenzione da un minimo di 60 anni ad un massimo di 99 anni, rinnovabile.

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, ante 1992

Si, ma non più vigente dal 15.03.1992

Si, ma non più vigente dal 15.03.1992

La legge 179/1992, abrogando i commi 15-19 dell’articolo 35, L. 865/71, ha previsto che per le alienazioni successive alla sua entrata in vigore (15/03/1992) fosse applicabile solo il divieto di alienazione di 5 anni decorrenti dalla prima assegnazione/cessione.

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, dal 1992 al 1996

No, ma poteva essere inserito pattiziamente

No, ma poteva essere inserito pattiziamente

A seguito dell’abrogazione dei commi 15-19 dell’art. 35, L. 865/71, tali convenzioni erano disciplinate solo dai commi 13 e 14 del medesimo articolo, che non prevedevano alcun vincolo.

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, post 1996

Si, ex art. 8 Legge 10/1977

No

La legge 662/1996 ha modificato il comma 13 dell’art. 35, L. 865/71, introducendo la convenzione c.d. Bucalossi ex art. 8 della Legge 10/1977. Tale ultimo articolo è stato successivamente trasfuso nell’art. 18 del d.P.R. 380/2001 (T.U.E.)

 

Nel 2011 il Legislatore è intervenuto nuovamente in materia di edilizia convenzionata con la legge 448/1998 (Finanziaria 1999), successivamente modificata con il c.d. Decreto Sviluppo (d.l. 70/2011, convertito in Legge 106/2011), introducendo profondi cambiamenti. In particolare, l’articolo 31 della L. 48/1998 ha previsto:

  • al comma 45[6]: la possibilità di trasformare la proprietà superficiaria di un alloggio in piena proprietà mediante apposita convenzione con il Comune; con la trasformazione si ha facoltà di mantenere le pattuizioni della originaria convenzione, oppure sostituirle con una nuova convenzione, e in questo caso adottando una convenzione c.d. Bucalossi prevista dal comma 46;
  • al comma 46: la possibilità di convertire le convenzioni aventi ad oggetto la piena proprietà stipulate ai sensi dell’articolo 35, commi 13-19, L. 865/1971 (ante modifica ex Legge 179/1992), in convenzioni c.d. Bucalossi;
  • al comma 49bis: la possibilità di liberare gli alloggi sottoposti al vincolo sul prezzo massimo di cessione mediante l’istituto dell’affrancazione[7].

Tra le suddette modifiche legislative, quella che ha destato maggior incertezza tra gli operatori del diritto, è stata proprio l’introduzione del comma 49bis. Difatti, la norma, nel suo incipit, recitava: 49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992 n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento…omissis…

Quindi, dal tenore letterale della norma, sembrava evincersi che il vincolo sul prezzo massimo di cessione sussistesse non solo per tutti quegli alloggi edificati in forza di convenzioni in diritto di superficie, ma anche in forza di convenzioni in piena proprietà stipulate sotto la vigenza dell’articolo 35, commi 13-19, L. 865/1971 (e quindi antecedentemente alla Legge abrogativa n. 179/1992), anche se le alienazioni fossero avvenute successivamente all’abrogazione dei suddetti commi 13-19.

In altri termini, se prima della modifica legislativa del 2011 l’orientamento era quello di ritenere abrogati i limiti sul prezzo massimo di cessione per tutte le alienazioni di alloggi P.E.E.P. in piena proprietà stipulate successivamente alla data di entrata in vigore della Legge abrogativa n. 179/1992, successivamente, in seguito all’introduzione dell’articolo 31, comma 49bis, Legge 448/1998, la Corte di Cassazione si è orientata nel senso di ritenere sempre vigente il vincolo sul prezzo massimo di cessione.

Per quanto attiene, invece, le cessioni di alloggi in proprietà superficiaria realizzati in forza di convenzioni ex articolo 35, comma 8, L. 865/1971, la previsione legislativa non ha creato incertezze interpretative in quanto il vincolo sul prezzo massimo di cessione è sempre stato previsto dalla legge.

A destare ulteriore incertezza è intervenuta, in ultimo, la sentenza della Cassazione a SS.UU. n. 18135/2015, che, affermando apoditticamente “il vincolo della determinazione del prezzo discende in tutti i casi dalla legge”, ha sostenuto che tutte le convenzioni, senza distinzione tra convenzioni in superficie e in piena proprietà e indipendentemente dall’epoca di stipula, fossero da assoggettare al vincolo del prezzo massimo di cessione.

La Cassazione, quindi, sarebbe andata oltre il disposto normativo dell’articolo 31, comma 49bis, L. 448/1998, prevedendo l’assoggettabilità di tutte le alienazioni al vincolo del prezzo massimo di cessione, a similitudine di un onere reale gravante sull’immobile e previsto dalla legge a tutela dell’interesse pubblico.

Inoltre, logica conseguenza del percorso argomentativo della Cassazione è stata l’asserita nullità di tutte quelle clausole prezzo eccedenti il prezzo massimo di cessione inserite all’interno degli atti di compravendita, sebbene per le convenzioni in piena proprietà tale sanzione fosse venuta meno a seguito dell’abrogazione del comma 19 dell’art. 35, L. 865/1971, da parte della L. n. 179/1992.

Sullo sfondo delle modifiche e degli orientamenti di cui sopra è, infine, intervenuto il d.l. n. 119/2018, convertito in Legge n. 136/2018, che ha modificato ulteriormente l’articolo 31 della Legge n. 448/1998.

In particolare, la novella legislativa ha modificato il comma 49bis e introdotto il comma 49quater, le cui novità possono così sintetizzarsi:

  • è stata eliminata la discussa previsione “stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992 n. 179”, offrendo così nuovi spunti di riflessione sulla permanenza sine die dei vincoli sul prezzo massimo di cessione;
  • è stata data la possibilità di ricorrere all’istituto dell’affrancazione a qualunque “persona fisica ne abbia interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile”;
  • si può addivenire all’affrancazione solo dopo il decorso di cinque anni dalla data del primo trasferimento e solo mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata;
  • il corrispettivo dell’affrancazione è determinato da apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
  • l’affrancazione comporta altresì la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva.

Indi, da quanto sopra detto, la situazione attuale può schematizzarsi come segue:

TIPOLOGIA CONVENZIONE

PREZZO MASSIMO DI CESSIONE

PREZZO MASSIMO PER VENDITE SUCCESSIVE ALLA PRIMA

AFFRANCAZIONE PREZZO MASSIMO

OSSERVAZIONI

Convenzione in superficie o in proprietà ante Legge 865/71

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

No, se non è previsto pattiziamente un prezzo massimo di cessione

Vds. art. 36, L. 865/71, richiamato nella precedente tabella.

Convenzione in superficie ex art. 35, comma 8, L. 865/71

Si

Si

Si, ex art. 31, comma 49bis, L. 448/1998

Durata massima della convenzione da un minimo di 60 anni ad un massimo di 99 anni, rinnovabile.

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, ante 1992

Si

Si, per orientamento di legittimità (SS.UU. 18135/2015)

Si, ex art. 31, comma 49bis, L. 448/1998

Convenzioni disciplinate dai vecchi commi 13-19 dell’art. 35, L. 865/1971[2].

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, dal 1992 al 1996

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

No, ma poteva essere previsto pattiziamente

No, se non è previsto un prezzo massimo pattizio

A seguito dell’abrogazione dei commi 15-19 dell’art. 35, L. 865/71, tali convenzioni erano disciplinate solo dai commi 13 e 14 ante L. 662/1996 che non prevedevano alcun vincolo.

Convenzione in proprietà ex art. 35, L. 865/71, post 1996

Si, ex art. 8, L. 10/1977 poi trasfuso nell’art. 18 del d.P.R. 380/2001

Si, ex art. 31, comma 49ter, L. 448/1998

Si, ex art. 31, comma 49ter, L. 448/1998

Sebbene la Cassazione SS.UU. non ha fatto distinzione tra convenzione in superficie e in proprietà relativamente al prezzo massimo di cessione, il Consiglio di Stato nel parere n. 1492/2020 espresso in merito all’adozione del Regolamento del Mef 151/2020, ha affermato la cessazione del vincolo alla scadenza della convenzione adottata ai sensi dell’art. 18 d.P.R. 380/2001.

 

È opportuno, a questo punto, fare alcune precisazioni sull’atto di affrancazione, soprattutto in seguito all’approvazione del decreto Mef n. 151, pubblicato nella G.U. del 10 novembre 2020, in attuazione dell’articolo 31, comma 49bis, L. 448/1998.

Orbene, l’atto di affrancazione, ai sensi del citato comma 49bis, deve essere stipulato necessariamente con atto pubblico o con scrittura privata autenticata ed è soggetto a trascrizione nei Registri Immobiliari, al fine di dare evidenza della rimozione di tutti i vincoli gravanti sull’immobile. Ovviamente, la stipulazione dell’atto di affrancazione può avvenire solo previa quantificazione del corrispettivo da parte del Comune competente, che in seguito al decreto del Mef n. 151, è calcolato sulla base delle formule in seguito illustrate. È bene ribadire, inoltre, che non vi è alcun obbligo in merito all’affrancazione, ma la stessa sarà necessaria ove, in caso di compravendita, l’alienante voglia pattuire un prezzo di vendita superiore al prezzo massimo di cessione.

L’affrancazione è uno strumento che può essere utilizzato anche in situazioni patologiche, sia da parte dell’alienante che dell’acquirente. Difatti, se il dante causa dell’attuale proprietario ha alienato l’alloggio ad un prezzo superiore al prezzo massimo di cessione, egli sarà costretto a restituire la parte di prezzo eccendente il prezzo massimo, mentre l’acquirente non potrà rivendere l’alloggio ad un prezzo di mercato. In questo caso l’articolo 31, comma 49bis, L. 448/1998 prevede la possibilità dell’affrancazione sia da parte dell’attuale proprietario sia da parte di tutti i suoi dante causa.   

Come anticipato, il decreto del Mef n. 151 del 10 novembre 2020, ha introdotto una nuova formula di calcolo per la determinazione del corrispettivo dell’affrancazione, parametrata su criteri oggettivi e che, ai fini di una migliore chiarezza, si riporta di seguito:

 

CONVENZIONI IN PROPRIETA’

CRV = Cc. 48*QM*0,5*(ADC - ATC)/ADC

CRV = Corrispettivo rimozione vincoli.

Cc. 48 = Corrispettivo risultante dall’applicazione dell’articolo 31, comma 48, della legge n. 448 del 1998.

QM = Quota millesimale dell’unità immobiliare.

ADC = Numero degli anni di durata della convenzione.

ATC = Numero di anni, o frazione di essi, trascorsi dalla data di stipula della convenzione, fino alla durata

massima della convenzione.

Con riferimento all’ultima parte della formula «(ADC-ATC)/ADC» che indica la riduzione proporzionale al tempo trascorso dalla stipula della convenzione, bisogna tener conto che molte convenzioni in proprietà non hanno scadenza e quindi la funzione sarà uguale ad infinito e darà come risultato 1.

 

CONVENZIONI IN SUPERFICIE

Si fa presente che nelle convenzioni in superficie, il corrispettivo per l’affrancazione è previsto dalla convenzione medesima. Al riguardo il Decreto prevede una semplice riduzione del 50% con la seguente formula:

CRVs = CRV* 0,5

CRVs = Corrispettivo rimozione vincoli concessi in diritto di superficie

CRV = Corrispettivo rimozione vincoli previsto dall’apposita convenzione*0,5.

 

 

Al di là del calcolo del corrispettivo per l’affrancazione, il decreto contiene anche un’altra novità degna di nota. L’articolo 2, infatti, ha previsto la possibilità di dilazionare il pagamento del corrispettivo, con l’unico obbligo di corrispondere una maggiorazione pari agli interessi legali e di presentare una garanzia fideiussoria rilasciata da una banca o un’impresa assicurativa. In tale ipotesi, ai fini dell’atto di affrancazione non si dovrà attendere il pagamento dell’intero corrispettivo così come dilazionato, ma si potrà addivenire alla stipula dell’affrancazione già dopo il pagamento della prima rata.

Un cenno meritano anche le procedure di richiesta presso i Comuni per la determinazione del corrispettivo dell’affrancazione. Le procedure vengono disciplinate differentemente dalle varie Amministrazioni Comunali, ma non sono pochi i casi in cui esse vengono evase dopo molto tempo dalla presentazione dell’istanza, con grave pregiudizio per le parti che vogliono addivenire in tempi brevi alla stipula della compravendita. Per ovviare a questo problema, alcuni Comuni, hanno previsto la possibilità di procedere alla determinazione del corrispettivo tramite un professionista del settore, che, in ossequio al Regolamento del Mef n. 151/2020  e sotto la propria responsabilità, potrà quantificare l’importo dovuto all’Amministrazione Comunale (si veda ad esempio, per il Comune di Roma Capitale, la Deliberazione A.C. n. 116/2018 di Roma Capitale).

In conclusione, considerata la complessità della normativa e i vincoli a cui possono essere sottoposti gli alloggi residenziali pubblici, nonché le conseguenti sanzioni a cui le parti possono incorrere, è sempre opportuno avvalersi della consulenza di un Notaio in sede di stipula di una compravendita avente ad oggetto un alloggio residenziale pubblico. Difatti, solo tramite l’analisi della normativa applicabile alla fattispecie e della convenzione stipulata per la costruzione di quel determinato alloggio, sarà possibile garantire certezza e stabilità alla compravendita ed eventualmente addivenire ad un atto di affrancazione.

 

[1]Si riportano, di seguito, i commi ottavo, nono e undicesimo dell’articolo 35, Legge 865/1971:

“8. La convenzione deve prevedere:

  1. a) il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento, determinati dalla delibera di cui al settimo comma con l'applicazione dei criteri previsti dal dodicesimo comma;
  2. b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune o del consorzio, ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità del controllo sulla loro esecuzione nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento ai comuni od ai consorzi;
  3. c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare;
  4. d) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;
  5. e) i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa a consentita;
  6. f) le sanzioni a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggior gravità in cui tale inosservanza comporti la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie;
  7. g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione, la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell'atto originario.
  8. Le disposizioni del precedente comma non si applicano quando l'oggetto della concessione sia costituito dalla realizzazione di impianti e servizi pubblici ai sensi del quinto comma del presente articolo.
  9. Le aree di cui al secondo comma, destinate alla costruzione di case economiche e popolari, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati ai sensi della presente legge sempre che questi abbiano i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l'assegnazione di alloggi di edilizia agevolata.

 

[2]Si riportano, di seguito, i commi 13-19, dell’articolo 35, Legge 865/1971, nella loro versione originaria:

  1. Contestualmente all’atto della cessione in proprietà dell'area, tra il comune, o il consorzio, e il cessionario, viene stipulata una convenzione per atto pubblico, la quale deve prevedere:
  2. a) gli elementi progettati degli edifici da costruire e le modalità del controllo sulla loro costruzione;
  3. b) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da costruire;
  4. c) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici;
  5. d) i casi nei quali l’inosservanza degli obblighi previsti dalla convenzione comporta la risoluzione dell’atto di cessione.
  6. I criteri di cui alle lettere e) e g) e le sanzioni di cui alla lettera f) dell’ottavo comma, nonché i casi di cui alla lettera d) del precedente comma dovranno essere preventivamente deliberati dal consiglio comunale o dall’assemblea del consorzio e dovranno essere gli stessi per tutte le convenzioni.
  7. L’alloggio costruito su area ceduta in proprietà non può essere alienato a nessun titolo, nè su di esso può costituirsi alcun diritto reale di godimento per un periodo di tempo di 10 anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità.
  8. Decorso tale periodo di tempo, l’alienazione o la costituzione di diritti reali di godimento può avvenire esclusivamente a favore di soggetti aventi i requisiti per la assegnazione di alloggi economici e popolari, al prezzo fissato dall’ufficio tecnico erariale, tenendo conto dello stato di conservazione della costruzione, del valore dell’area su cui essa insiste, determinati ai sensi del precedente art. 16 e prescindendo dalla loro localizzazione, nonché del costo delle opere di urbanizzazione posto a carico del proprietario.
  9. Dopo 20 anni dal rilascio della licenza di abitabilità, il proprietario dell’alloggio può trasferire la proprietà a chiunque o costituire su di essa diritto reale di godimento, con l’obbligo di pagamento a favore del comune o consorzio di comuni, che a suo tempo ha ceduto l’area, della somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell’area al momento dell’alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell’indice dei prezzi all’ingrosso calcolato dall’Istituto centrale di statistica. Detta differenza è valutata dall’ufficio tecnico erariale ed è riscossa all’atto della registrazione del contratto dal competente ufficio del registro, che provvede a versarla al comune o consorzio di comuni. La somma è destinata all’acquisto di aree per la costruzione di case economiche e popolari.
  10. L’alloggio costruito su area ceduta in proprietà può essere dato in locazione, sino a che non sia stata pagata a favore del comune o consorzio di comuni la somma di cui al comma precedente, esclusivamente a soggetti aventi i requisiti per l’assegnazione di alloggi economici e popolari, al canone fissato dall’ufficio tecnico erariale secondo i criteri di cui al sedicesimo comma del presente articolo. Il versamento della somma può essere effettuato, decorso il termine di 20 anni, direttamente dal proprietario, al comune o consorzio di comuni, indipendentemente dal trasferimento della proprietà dell’alloggio.
  11. Gli atti compiuti in violazione delle disposizioni contenute nei quattro precedenti commi sono nulli. Detta nullità può essere fatta valere dal comune o da chiunque altro vi abbia interesse e può essere rilevata.

 

[3] Si riporta l’articolo 20 della Legge 179/1992:

  1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di edilizia agevolata possono essere alienati o locati, previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi e sopravvenuti motivi e comunque quando siano decorsi cinque anni dall'assegnazione o dall'acquisto.
  2. In tutti i casi di subentro il contributo è mantenuto a condizione che il subentrante sia in possesso dei requisiti soggettivi vigenti al momento del subentro stesso.

 

[4] Si riportano gli attuali commi tredicesimo e quattordicesimo dell’articolo 35, Legge 865/1971:

  1. Contestualmente all'atto della cessione della proprietà dell'area, tra il comune, o il consorzio, e il cessionario, viene stipulata una convenzione per atto pubblico, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 8, commi primo, quarto e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, la quale, oltre a quanto stabilito da tali disposizioni, deve prevedere:
  2. a) gli elementi progettuali degli edifici da costruire e le modalità del controllo sulla loro costruzione;
  3. b) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da costruire;
  4. c) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici;
  5. d) i casi nei quali l'inosservanza degli obblighi previsti dalla convenzione comporta la risoluzione dell'atto di cessione.
  6. I criteri di cui alle lettere e) e g) e le sanzioni di cui alla lettera f) dell'ottavo comma, nonché i casi di cui alla lettera d) del precedente comma dovranno essere preventivamente deliberati dal consiglio comunale o dall'assemblea del consorzio e dovranno essere gli stessi per tutte le convenzioni.

 

[5] Si precisa che l’articolo 8, Legge 10/1977 è stato trasfuso nell’attuale articolo 18 del d.P.R. 380/2001 (T.U.E.), di cui, in seguito, si riporta il primo comma:

  1. Ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli interventi di edilizia abitativa di cui all’articolo 17, comma 1, la regione approva una convenzione-tipo, con la quale sono stabiliti i criteri nonché i parametri, definiti con meccanismi tabellari per classi di comuni, ai quali debbono uniformarsi le convenzioni comunali nonché gli atti di obbligo in ordine essenzialmente a:
  2. a) l'indicazione delle caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi;
  3. b) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi, sulla base del costo delle aree, così come definito dal comma successivo, della costruzione e delle opere di urbanizzazione, nonché delle spese generali, comprese quelle per la progettazione e degli oneri di preammortamento e di finanziamento;
  4. c) la determinazione dei canoni di locazione in percentuale del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi;
  5. d) la durata di validità della convenzione non superiore a 30 e non inferiore a 20 anni.

 

[6] Si riportano, di seguito, i commi 45-48 dell’articolo 31, Legge 448/1998 (Finanziaria 1999):

  1. I comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell'articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell'articolo 35, quarto comma, della medesima legge n. 865 del 1971. Le domande di acquisto pervenute dai proprietari di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della approvazione della delibera comunale, conservano efficacia.
  2. Le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, e precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di proprietà, possono essere sostituite con la convenzione di cui all'articolo 8, commi primo, quarto e quinto della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle seguenti condizioni:
  3. a) per una durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione;

(lettera così modificata dall'articolo 23-ter, comma 1-bis, legge n. 135 del 2012)

  1. b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48.
  2. La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48.
  3. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con la facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dal l'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell'atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell'area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà ai momento della trasformazione di cui al comma 47.

 

[7] Si riportano, di seguito, i commi 49bis e 49ter dell’articolo 31, Legge 448/1998 (Finanziaria 1999) prima della modifica legislativa apportata con il d.l. 119/2018, convertito in Legge n. 136/2018:

49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992 n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il decreto di cui al periodo precedente individua altresì i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli immobili in regime di locazione ai sensi degli articoli da 8 a 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ricadenti nei piani di zona convenzionati.

49-ter. Le disposizioni di cui al comma 49-bis si applicano anche alle convenzioni di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

 

[8] Si riportano, di seguito, i commi 49bis – 49quater dell’articolo 31, Legge 448/1998 (Finanziaria 1999) come modificati dal d.l. n. 119/2018, convertito in Legge n. 136/2018 :

49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà  o per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il decreto di cui al periodo precedente individua altresì i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli immobili in regime di locazione ai sensi degli articoli da 8 a 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ricadenti nei piani di zona convenzionati.

49-ter. Le disposizioni di cui al comma 49-bis si applicano anche alle convenzioni di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

49-quater. In pendenza della rimozione dei vincoli di cui ai commi 49-bis e 49-ter, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. L'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza, a qualunque titolo richiesto, si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità di cui ai commi 49-bis e 49-ter. La rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione comporta altresì la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva.