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La riforma della volontaria giurisdizione.

  • 09/01/2023

Il 17 ottobre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, che attua la Legge 26 novembre 2021, n. 206, rubricata “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”.

La riforma (meglio conosciuta anche come “Riforma Cartabia”) si articola su due livelli: da un lato, si riconfigurano le competenze giurisdizionali in materia di volontaria giurisdizione con la sostituzione del Giudice Tutelare al Tribunale in composizione collegiale, dall’altro, le attribuzioni del Giudice Tutelare si affiancano a quelle affidate “ex novo” al Notaio a decorrere dal 28 febbraio 2023.

La Riforma Cartabia prevede una disciplina transitoria “al fine di consentire un avvio consapevole, da parte degli operatori, delle novità normative”. Infatti, l’articolo 35 del D. Lgs. 149/2022 recita: “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”. Tuttavia, la Legge di Bilancio 2023 (Legge 29 dicembre 2022 n. 197) ha sostituito l’articolo 35 con il seguente tenore letterale: “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.”

Ne consegue che le novelle legislative, meglio appresso esplicate, entreranno in vigore dal 28 febbraio prossimo.

Passando alle novità che interessano l’attività notarile, va sottolineato che il Decreto Legislativo di che trattasi sopprime la competenza del tribunale in composizione collegiale in materia di volontaria giurisdizione (e precisamente per le autorizzazioni relative al compimento di atti da parte di soggetti incapaci) e contestualmente attribuisce la competenza al solo Giudice Tutelare (che nell’attuale sistema rende un mero parere obbligatorio ma non vincolante).

Per effetto di tale modifica, quindi, tutti i riferimenti al tribunale contenuti negli articoli del codice civile riferiti alla volontaria giurisdizione devono intendersi sostituiti dal Giudice Tutelare.

Importante conseguenza di tale riconfigurazione giuridica è la soppressione dell’articolo 375 del codice civile, le cui tipologie di atti ad oggi contenute in detto articolo vengono trasfuse nel novellato articolo 374 del medesimo codice civile. Ne discende che la competenza ad autorizzare tutti gli atti del minore sotto tutela o dell’interdetto divengono di competenza del Giudice Tutelare, in analogia a quanto avviene già per il beneficiario di amministrazione di sostegno.

Per comodità di lettura si riporta il testo dell’articolo 374 codice civile come novellato dalla Riforma Cartabia e precisamente:

“Art. 374 (Autorizzazione del giudice tutelare).

Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare:

1) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;

2) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;

3) riscuotere capitali;

4) costituire pegni o ipoteche, ovvero consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni;

5) assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;

6) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni, procedere a divisioni;

7) fare compromessi e transazioni o accettare concordati;

8) fare contratti di locazione di immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;

9) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.”

 

Nella materia in questione, la norma che più interessa l’attività notarile è l’articolo 21 del D. Lgs. 149/2022 rubricato “Attribuzione ai notai della competenza in materia di autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione”, con il quale viene attribuito al Notaio rogante la legittimazione a rilasciare le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell'amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale.

Dal tenore letterale della norma si evince che la competenza notarile non si estende a tutte le autorizzazioni aventi ad oggetto la stipula di atti pubblici o scritture private autenticate, ma è limitata a determinati atti, in relazione al profilo soggettivo (atti in cui intervengono minori, interdetti, inabilitati o beneficiati di amministrazione di sostegno, esclusa quindi la competenza nel caso di atto compiuto da altri soggetti, come ad esempio il curatore dello scomparso o l’immesso nel possesso temporaneo dei beni dell’assente) o in relazione al profilo oggettivo (atti aventi ad oggetto beni ereditari, a prescindere dal soggetto che interviene in atto. In merito al profilo oggetto, va segnalato che la norma in esame sembra risolvere in radice l’annoso conflitto di competenze tra gli articoli 320 c.c. e 747 c.p.c. in materia di beni pervenuti al minore “a causa di morte”; difatti, delegando la competenza al Notaio o al Giudice Tutelare, il conflitto viene risolto in favore di questi ultimi e non più al Tribunale delle Successioni in composizione collegiale.

Inoltre, per espressa disposizione normativa (art. 21, comma 7, D. Lgs. 149/2022), il Notaio non può rilasciare autorizzazioni per promuovere, rinunciare, transigere o compromettere in arbitri, anche, quindi, quando le liti abbiano ad oggetto beni ereditari.

Ulteriore elemento da evidenziare è il doppio binario voluto dalla Riforma. La norma, infatti, afferma che le autorizzazioni “possono” essere richieste dalle parti al Notaio, per cui rimane ferma la possibilità per gli interessati di adire il Giudice Tutelare.

La competenza è affidata al Notaio “rogante”: non un qualsiasi Notaio ma solo colui al quale è stata affidata dalle parti la stipula dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata cui inerisce l’autorizzazione. Pertanto, l’autorizzazione rilasciata dal Notaio non potrà essere utilizzata da un altro Notaio anche se dello stesso Distretto di competenza.

Nessuna limitazione territoriale è stata posta alla competenza del Notaio, a differenza del Giudice Tutelare, per il quale rimane ferma la competenza territoriale e per materia.

L’autorizzazione, quindi, può essere rilasciata da qualunque Notaio, ovunque abbia sede; l’unico limite è che si tratti del “notaio rogante”, cioè del notaio che riceve l’atto pubblico o autentica la scrittura privata nei quali interviene il soggetto autorizzato o che abbia ad oggetto beni ereditari.

Conseguentemente, la parte richiedente può incaricare qualsiasi Notaio sul territorio nazionale, non necessariamente un Notaio che ha sede nel luogo di domicilio dell’incapace o del defunto.

Al fine del rilascio della relativa autorizzazione, le parti devono presentare al Notaio una “richiesta scritta” personalmente o per il tramite del “procuratore legale”. Il legislatore si limita a disporre che al Notaio deve essere presentata una “richiesta scritta”, ma non dice nulla sul suo contenuto. È coerente ritenere che la richiesta di autorizzazione al Notaio, per sua stessa natura, non possa che avere lo stesso contenuto del corrispondente ricorso di volontaria giurisdizione già adottato fino ad oggi per i procedimenti in questione. Ad esempio, la richiesta dovrà indicare i motivi di necessità o utilità evidente richiesti dalla legge, la congruità del prezzo di acquisto, e se del caso essere corredata da una perizia asseverata con giuramento ovvero dagli altri documenti ritenuti idonei dal Notaio per ottenere l’autorizzazione.

Nessuna norma è dettata per la forma dell’autorizzazione. Si esclude che l’autorizzazione debba essere contenuta in un apposito atto pubblico: le norme di forma sono di stretta interpretazione e quindi devono essere espressamente richieste dal legislatore. Una soluzione potrebbe essere quella di stendere l’autorizzazione in calce alla richiesta (così come il giudice la stende in calce al ricorso), mentre è da ritenersi che sia possibile rilasciare l’autorizzazione all’interno dell’atto pubblico autorizzato (l’autorizzazione, per sua stessa natura, deve essere preventiva).

In merito al contenuto dell’autorizzazione è essenziale che essa esponga i motivi che legittimano la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per emettere il provvedimento; in particolare i motivi di necessità o utilità evidente richiesti dalla legge (essendo l’autorizzazione impugnabile, è necessario che il giudice dell’impugnazione abbia gli elementi su cui basare la sua valutazione). Inoltre, per il caso che debba essere riscosso un corrispettivo dall’incapace, il Notaio deve determinare “le cautele necessarie per il reimpiego”. L’uso di tale locuzione da parte del legislatore, e non il semplice uso del termine “reimpiego” potrebbe far ritenere che disporre le modalità di reimpiego esuli dalle competenze notarili e sia di competenza esclusiva del Giudice Tutelare. Ad ogni modo, il Notaio potrebbe attenersi a quanto disposto dall’articolo 372 del codice civile, vale a dire potrebbe porre l’obbligo di reimpiegare i capitali riscossi in titoli dello Stato, ovvero nell’acquisto di beni immobili posti nello Stato.

In alternativa, si potrebbe ad esempio porre l’obbligo per il legale rappresentante di versare il corrispettivo su un conto corrente intestato all’incapace, con l’obbligo poi di utilizzarlo secondo le modalità previste dal codice civile sopra richiamate.

Il provvedimento autorizzativo va “comunicato” dal Notaio alla cancelleria del Giudice Tutelare che sarebbe competente per l’omologo provvedimento giudiziale ed al Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale. Il legislatore non indica in quale forma deve essere fatta la comunicazione ma va precisato che la norma parla di “comunicazione” e non di “notifica”. Posto che i Notai attualmente non sono abilitati all’accesso al c.d. Fascicolo Telematico, si auspica un ulteriore intervento legislativo per regolamentate le modalità di questa comunicazione. Nelle more di un eventuale intervento legislativo si potrebbe ritenere sufficiente qualsiasi strumento che garantisce una data certa (esempio classico è la p.e.c.).

L’autorizzazione diviene efficace decorsi 20 giorni dalla comunicazione senza che sia stato proposto reclamo.

Da tale norma derivano due importanti conclusioni: a) non è ipotizzabile per il Notaio dotare l’autorizzazione di efficacia immediata; b) il reclamo ha effetto sospensivo della esecutorietà del provvedimento, per cui il Notaio non può stipulare l’atto finché non è stato deciso l’eventuale reclamo.

L’autorizzazione del Notaio, come tutti i provvedimenti in materia di volontaria giurisdizione, non acquista efficacia di “res iudicata”, ma può essere in qualunque momento modificata o revocata dall’autorità giudiziaria (ma non dal Notaio che l’ha emessa), fatti salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca legittimamente acquisiti dai terzi (cfr. art. 21, comma 6, D. Lgs. 149/2022).