Loading...

Le donazioni: problematiche e soluzioni

  • 22/03/2021

La provenienza donativa di un bene immobile crea non poche difficoltà per la circolazione dello stesso.

La ragione principale va ricercata nella tutela che il diritto successorio accorda ai legittimari potenzialmente lesi.

I legittimari sono le persone a favore dei quali la legge riserva una quota di eredità relativamente alla successione del de cuius. L’articolo 536 del codice civile individua tali persone nel coniuge, nei figli e negli ascendenti (in mancanza dei figli) del de cuius e la quota del patrimonio a cui hanno diritto si calcola aggiungendo al relictum, cioè al patrimonio del de cuius esistente all’apertura della successione, il donatum, ossia i beni usciti dal patrimonio per effetto di donazioni effettuate in vita, detratti eventuali debiti.

La quota di legittima va distinta con la quota di eredità prevista dagli articoli 566 ss. del codice civile che, deve essere, invece, calcolata solo sul patrimonio esistente all’apertura della successione senza tener conto di eventuali liberalità effettuate in vita dal de cuius.

Le problematiche relative ai beni di provenienza donativa nascono proprio dal fatto che nel nostro ordinamento è previsto il principio di intangibilità della quota di legittima, in forza del quale il testatore non può pregiudicare i diritti spettanti ai legittimari (ed eventualmente ai loro discendenti che succedono per rappresentazione ex articolo 467 ss. c.c.), salve le ipotesi di deroga previste espressamente dalla legge (si fa riferimento al legato in sostituzione di legittima ex articolo 551 c.c. e alle norme sulla divisione testamentarie ex articoli 733 ss. c.c.). Per tale ragione, laddove all’apertura della successione risultino pregiudicati i diritti riservati ai legittimari, il diritto successorio accorda a quest’ultimi due forme specifiche di tutela: l’azione di riduzione e l’azione di restituzione degli immobili contro i beneficiari delle disposizioni testamentari e delle eventuali donazioni.

Con l’azione di riduzione il legittimario tende a far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni testamentarie eventualmente lesive e delle donazioni effettuate dal testatore che hanno leso i suoi diritti di legittima (cosidetta quota riservata ai legittimari). I caratteri peculiari di tale azione sono i seguenti:

  • è un azione di accertamento costitutivo, perchè accerta l’esistenza della lesione e reintegra il legittimario nella sua quota di legittima;
  • è un’azione ad efficacia relativa, in quanto rende inopponibile la disposizione testamentaria e/o la donazione nei soli confronti del legittimario;
  • è un’azione personale, cioè diretta unicamente contro i beneficiari delle disposizione lesive (ad. esempio legatario e/o donatario) e non erga omnes;
  • è un’azione a retroattività reale nei limiti e nei modi degli articoli 561 e 563 del codice civile.

Successivamente all’esercizio vittorioso dell’azione di riduzione, il legittimario si troverà a dover recuperare i beni oggetto della disposizione ormai ridotta nei confronti dell’attuale titolare oppure del suo avente causa e ciò avverrà mediante l’azione di restituzione disciplinata dall’articolo 561 del codice civile[1].

In prima analisi, dal tenore letterale dell’articolo 561 c.c. emerge che se la restituzione del bene immobile è chiesta entro il termine di venti anni dalla trascrizione della donazione o comunque entro dieci anni dall’apertura della successione, il bene sarà restituito libero da eventuali pesi e/o ipoteche di cui il beneficiario può averli gravati.

Per quanto attiene il termine dei venti anni, è opportuno precisare che esso è stato introdotto con il decreto legge n. 35\2005, convertito in legge 80\2005, il quale ha modificato gli articoli 561 e 563 del codice civile con il preciso scopo di garantire maggiore certezza e sicurezza nei traffici giuridici. Infatti, precedentemente alla novella legislativa il legittimario poteva ottenere la restituzione del bene libero da pesi e/o ipoteche a prescindere da quando la donazione fosse stata effettuata, con non pochi problemi in capo al donatario. Si pensi, ad esempio, alla concessione di un mutuo garantito da ipoteca sul bene donato: nessuna banca avrebbe mai accettato come garanzia un bene che poteva essere caducato da un’eventuale azione di restituzione. E il medesimo discorso si farà per quanto riguarda l’alienazione del bene.

A tal fine, la predetta novella legislativa nel contemperare gli interessi dei legittimari con quelli dei terzi, ha previsto un termine di venti anni decorrente dalla trascrizione della donazione alla cui scadenza i pesi e le ipoteche concessi dal donatario si consolideranno definitivamente senza più alcun pregiudizio per il creditore garantito.

La modifica ha lasciato inalterato il termine previsto dall’articolo 2652, comma primo, n. 8), in forza del quale i terzi potranno far salvi i loro diritti sul bene di provenienza donativa laddove la trascrizione della domanda dell’azione di riduzione avvenga dopo dieci anni dall’apertura della successione.

La medesima esigenza di contemperamento degli interessi dei legittimari e dei terzi si pone anche nell’ipotesi in cui il donatario abbia alienato gli immobili a terzi, la cui fattispecie trovasi disciplinata all’articolo 563 del codice civile, così come novellato dal citato decreto legge 35\2005[2].

In sintesi, le novità di maggior rilievo sono le seguenti:

  • i legittimari possono opporsi alla donazione mediante l’esercizio di un atto di opposizione;
  • l’atto di opposizione va notificato e trascritto nei confronti del donatario e dei suoi eventuali aventi causa;
  • l’atto di opposizione sospende il decorso dei venti anni previsto dagli articoli 561 e 563 codice civile e gli effetti sospensivi potranno essere rinnovati per ulteriori venti anni;
  • in mancanza dell’atto di rinnovazione il termine dei venti anni riprenderà a decorrere per il periodo mancante;
  • il diritto di opposizione è personale e rinunciabile e pertanto in caso di rinuncia il termine dei venti anni decorrerà senza sospensioni;
  • è fatta salva l’applicabilià dell’ articolo 2652, n. 8), ossia il termine dei dieci anni dall’apertura della successione.

Va rilevato che i legittimari lesi e/o potenzialmente lesi potrebbero già rinunciare al diritto di opposizione alla donazione all’interno dell’atto di donazione ai sensi per gli effetti dell’articolo 563, quarto comma, codice civile.

Per quanto attiene l’atto di opposizione, la questione che ha suscitato molte perplessità (e suscita tuttora) è la possibilità di un’applicazione retroattiva del decreto legge n. 35\2005.

È dubbio, infatti se l’articolo 563 c.c. sia applicabile anche alle donazioni perfezionate prima della data di entrata in vigore del decreto legge n. 35\2005 (15 maggio 2005) oppure alle sole donazioni effettuate dopo tale data.

Per chiarire la questione si prenda ad esame il seguente esempio.

Tizio il primo gennaio del 2000 effettua e trascrive una donazione e, presupponendo il decreto legge applicabile anche prima della sua entrata in vigore, già dal primo gennaio 2000 inizierebbe a decorrere il termine dei venti anni. Per effetto di ciò, i legittimari al giorno d’oggi, essendo trascorsi venti anni dalla trascrizione, non potrebbero più proporre l’azione di restituzione contro gli aventi causa dal donatario, ovvero ove il bene immobile non fosse stato alienato lo recupererebbero gravato da eventuali pesi e ipoteche.

Ritenendo, invece, che i venti anni decorrano dall’entrata in vigore del decreto legge n. 35/2005 (15 maggio 2005), oggi i legittimari potrebbero ancora esperire l’azione di restituzione non essendo decorsi venti anni.

Tale ultima interpretazione sembra essere quella prevalente, poichè consentire che il termine dei venti anni decorra anche prima dell’entrata in vigore del decreto legge, pregiudicherebbe i legittimari che in quel periodo non hanno potuto proporre l’atto di opposizione.

Da quanto sopra esposto ben si capisce che l’acquisto di un bene immobile di provenienza donativa rappresenta un serio rischio per l’acquirente, che potrebbe trovarsi nella situazione di dover restituire il bene al legittimario leso.

Si precisa, peraltro, che tale rischio diventa attuale solo ove il donatario-venditore risulti insolvente. Difatti, il legittimario leso prima di esperire l’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti dovrà rivolgersi al donatario-venditore e solo in caso di sua insolvenza nella restituzione di quanto dovuto potrà rivolgersi al terzo acquirente. Quest’ultimo, inoltre, potrebbe liberarsi dall’obbligo di restituire il bene pagando l’equivalente in danaro.

Al fine di ovviare alle problematiche sopra esposte, la prassi notarile ha elaborato alcune soluzioni operative.

La prima è il rilascio di una fideiussione bancaria da parte del venditore.

Con tale fideiussione la banca si obbliga a garantire l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria gravante in capo al donatario-venditore laddove il terzo acquirente fosse soggetto ad azione di restituzione da parte del legittimario. Tale soluzione, però, presenta alcuni inconvenienti pratici: non solo è una soluzione particolarmente onerosa per l’alienante ma quasi sempre le banche chiedono adeguate garanzie, quale ad esempio il congelamento di una somma di denaro pari all’importo dell’eventuale risarcimento; ulteriore inconveniente è che tale somma sarà immobilizzata per tutto il tempo necessario al consolidamento dell’acquisto, cioè per venti anni dalla trascrizione della donazione oppure dieci anni dall’apertura della successione.

Altra soluzione adoperata nella prassi è la polizza assicurativa.

Con la polizza assicurativa l’istituto di assicurazione si assume il rischio dell’eventuale risarcimento gravante in capo al donatario-venditore ove il terzo acquirente subisse l’evizione da parte del legittimario. La differenza rispetto alla fideiussione bancaria è di natura giuridica: con la fideiussione la banca garantisce l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria, mentre con la polizza assicurativa l’istituto di credito si assume il rischio dell’eventuale risarcimento da evizione. Ed è soprattutto per tale motivo che la polizza assicurativa presenta una maggiore convenienza. È infatti previsto solo il pagamento di un premio assicurativo “una tantum” parametrato al rischio che assume l’assicuratore (ad esempio sulla base della vita del donante, oppure del tempo trascorso dalla trascrizione della donazione) senza la richiesta di onerose garanzie.

La soluzione maggiormente usata nella prassi è la risoluzione della donazione per mutuo consenso. Infatti, con il contratto di mutuo dissenso le parti convengono di risolvere retroattivamente la donazione, consentendo al donante di tornare nella disponibilità del bene e di alienare egli stesso il bene senza alcun rischio per l’acquirente, essendo stati annientati gli effetti della donazione già posta in essere.

L’operatività di tale soluzione è influenzata da diversi fattori tra cui: l’esistenza di un accordo tra il donante e il donatario; il donatario deve essere ancora nella disponibilità giuridica del bene donato, il donante deve essere ancora in vita e non devono esserci pesi o ipoteche sul bene in quanto la risoluzione non avrebbe alcun effetto nei loro confronti, ipoteche e pesi che potrebbero comunque essere estinti nei modi tradizionali.

L’utilizzo del contratto di mutuo dissenso ha trovato grande diffusione soprattutto per la previsione di una tassazione agevolata rispetto a quella ordinaria applicabile ad un trasferimento immobiliare. Difatti, l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 20\E del 2014 (confermata anche in diverse Risposte a Interpelli) ha affermato che la risoluzione per mutuo consenso non costituisce presupposto applicativo dell’imposta proporzionale sui trasferimenti immobiliari e pertanto:

– ove non vi sia alcun corrispettivo per la risoluzione, essa è da considerarsi atto non avente contenuto patrimoniale soggetto a registrazione in termine fisso e ad imposta di registro in misura fissa (art. 11, Tariffa, Parte Prima, T.U.R.);

– qualore, invece, vi fosse un corrispettivo (ad esempio, la restituzione di parte del prezzo), essa dev’essere assoggettata a imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota del 3% relativamente alla prestazione costituente il corrispettivo della risoluzione.

È d’uopo evidenziare che il Consiglio Nazionale del Notariato, al fine di contribuire ad una maggiore certezza e velocità nei traffici giuridici aventi ad oggetto beni immobili di provenienza donativa, ha avanzato in merito una proposta di modifica del diritto successorio mediante la modifica degli articoli 458 e 557 del codice civile[3].

Nello specifico, con l’introduzione di ulteriori commi all’articolo 458 c.c. si consentirebbe la stipula dei c.d. patti successori rinunciativi in relazione a diritti specificamente determinati. In altri termini, mediante la stipula di contratti oppure di atti unilaterali rinunciativi si permetterebbe non solo di rinunciare a un determinato diritto, ma di eliminare in radice il presupposto della futura azione di riduzione e restituzione relativamente al bene oggetto di rinuncia.

Inoltre, con la modifica del secondo comma dell’articolo 557 c.c. si consentirebbe ai legittimari di rinunciare direttamente all’azione di riduzione relativamente a una o più donazioni anche durante la vita del donante e prima dell’apertura della successione, senza dover necessariamente rinunciare ai diritti spettanti per legge sulla futura eredità.

Come si può facilmente intuire, le modifiche proposte porterebbero enormi vantaggi all’acquirente di un immobile di provenienza donativa senza dover attendere il decorso dei lunghi termini stabiliti dagli articoli 561 e 563 del codice civile.

Purtroppo la proposta di riforma non ha ancora trovato attuazione in alcuna norma e ad oggi per assicurare un’assoluta stabilità agli acquisti di immobili di provenienza donativa è quanto mai opportuno avvalersi della consulenza di un Notaio allo scopo di verificare la sussistenza delle condizioni per l’operatività di una delle soluzioni sopra esposte.

 

[1]L’articolo 561 c.c. recita:

1.Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'articolo 2652. I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l'obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni , purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall'apertura della successione. La stessa disposizione si applica per i mobili iscritti in pubblici registri.

2.I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale.

[2]L’articolo563 c.c. recita:

1.Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili.

2.L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.

  1. Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.
  2. Salvo il disposto del numero 8) dell'articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all'articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell'opponente è personale e rinunziabile. L'opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.

[3]Si riportano di seguito gli articoli 458-bis e 557 c.c. secondo le modifiche proposte dal Consiglio Nazionale del Notariato:

All’articolo 458 c.c. sono aggiunti i seguenti commi:

2.Colui che vanta nei confronti di un determinato soggetto una futura prerogativa di erede legittimo o necessario può rinunciare a titolo gratuito o oneroso a diritti specificamente determinati che potranno derivare dalla successione non ancora aperta mediante contratto con la persona della cui futura successione si tratta o atto unilaterale che diviene efficace nel momento in cui giunge a conoscenza della persona della cui successione si tratta, ai sensi dell’articolo 1334.

3.Gli atti di cui al primo comma sono ricevuti da notaio alla presenza di due testimoni.

4.Il contratto rinunciativo può essere sciolto dalle parti per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 entro il termine di un anno dalla stipula del contratto; la rinuncia può essere revocata dal disponente nel medesimo termine.

5.Il rinunciante può recedere dal contratto rinunciativo nell’ipotesi in cui la persona della cui futura successione si tratta si è resa inadempiente alla prestazione assunta nel contratto o non ha dato o ha diminuito le garanzie pattuite; la persona della cui successione si tratta può recedere dal contratto qualora il rinunciante si sia reso colpevole nei suoi confronti di un atto costituente causa di indegnità ai sensi dell’art. 463.

6.Il recesso del rinunciante o del soggetto della cui futura successione si tratta possono essere esercitati nel termine di un anno dalla stipula del contratto.

7.Il contratto e l’atto unilaterale rinunciativo possono essere impugnati solo in caso di dolo o di violenza. L’azione si prescrive in un anno dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.

8.Il contratto e l’atto unilaterale rinunciativo devono essere trascritti presso l’agenzia del territorio – ufficio provinciale servizio di pubblicità immobiliare competente e devono essere inseiriti nell’apposita sezione istituita presso il registro generale dei testamenti.

9.Se un figlio legittimo, legittimato, adottivo o naturale, o un fratello o una sorella della persona della cui futura successione si tratta rinunzia al diritto successorio l’efficacia della rinuncia si estende ai suoi discendenti.

10.Nel caso di rinuncia sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, la quota spettante all’erede legittimo e/o necessario rinunziante è determinata imputando alla stessa il valore del bene o del diritto oggetto del contratto o dell’atto di rinunzia riferito alla data dell’apertura della successione.

Il secondo comma dell’art. 557 c.c. è sostituito come segue:

2.I legittimari, finchè vive il donante, possono rinunciare al diritto di domandare la riduzione di una o piu donazioni anche future specificatamente determinate, con dichiarazione espressa ricevuta da un notaio resa anche contestualmente alla donazione.